Gli inconsci sanno parlarsi: La comunicazione non verbale
La comunicazione non verbale procede di pari passo con – e a volte anticipa o sostituisce – la comunicazione verbale. Da un lato parliamo per comunicare, e il modo in cui questo avviene è chiaro a tutti. Parallelamente avviene un altro dialogo, di cui non ci rendiamo conto, pur essendo sotto ai nostri occhi, perché si svolge al di fuori della nostra attenzione consapevole. Questa forma di comunicazione utilizza lo sguardo, l’orientamento spaziale, la gestualità, il tono della voce: tutte dimensioni del linguaggio non verbale, che possono confermare o contraddire quanto nel frattempo diciamo con le parole, o possono aggiungere altri significati.
Per capire quanto è importante la comunicazione non verbale, una ricerca ce lo dimostra, in particolare rispetto al ruolo svolto dal volto e dallo sguardo.
La ricerca
Cinquantanove pazienti, tutti con tentativi di suicidio messi in atto nei tre giorni precedenti, vennero visti dalla stessa psicoterapeuta. I volti dei pazienti e della psicoterapeuta vennero ripresi con una telecamera. Dopo un anno, solo alcuni di questi pazienti misero in atto nuovi tentativi di suicidio.
La microanalisi delle registrazioni dei volti mostrò come la psicoterapeuta fosse stata inconsapevolmente in grado di prevedere e di individuare l’81 per cento dei recidivi. Precisamente, si è visto che nell’interazione con loro aggrottava di più la fronte, esibiva più attivazione complessiva del volto ed interveniva di più di quanto facesse con gli altri pazienti.
Questa maggiore attivazione e l’espressività negativa possono essere viste come dei tentativi inconsci di autoconsolarsi.
Conclusione
L’autoconsolazione della psicoterapeuta dimostra che aveva colto la maggiore sofferenza psicologica di alcuni pazienti rispetto ad altri e che la stava condividendo con loro per mezzo dell’empatia. Provando anche lei una sensazione di maggiore disagio emotivo in loro presenza, cercava appunto di ridurla con quell’atteggiamento autoconsolatorio. Il che significa che questi pazienti, senza dirlo esplicitamente con il linguaggio verbale, stavano comunicando, con le loro espressioni facciali, la loro sofferenza emotiva. Questo disagio emotivo avvisava che, con tutta probabilità, non erano ancora fuori dal pericolo di nuovi tentativi di suicidio, che in effetti vennero attuati a distanza di un anno.
Questa forma di comunicazione non verbale o implicita costituisce dunque una forma di comunicazione “a parte” rispetto a quella verbale. Allo stesso modo, i messaggi da essa veicolati vanno a costruire una forma di conoscenza diversa dalla cosiddetta conoscenza dichiarativa, che può essere invece richiamata o trasmessa per mezzo delle parole. Molto di ciò che sappiamo su come essere al mondo, come comportarci con le persone, cosa aspettarci da loro è organizzato nella forma di conoscenza implicita, poiché è stato appreso nell’ambito di comunicazioni prevalentemente non verbali avvenute con le persone importanti.
È questo il tipo di inconscio che oggi gode della maggiore attenzione della psicoanalisi e degli psicoanalisti che aiutano i propri pazienti a riflettere sul proprio modo di funzionare nella vita di tutti i giorni e a migliorare le aree inconsapevolmente più problematiche.
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