Sadismo o masochismo?
Il sadismo e il masochismo non sono soltanto perversioni che riguardano l’area della sessualità, ma corrispondono a più generali disposizioni di tipo caratteriale, le quali possono poi ripercuotersi anche in ambito sessuale. La prima si manifesta per lo più nella tendenza a voler dominare l’altro; la seconda nella tendenza a farsi sottomettere soffrendo per l’altro, quasi questa fosse l’unica strada necessaria a raggiungerlo. Non è importante chi interpreti quale ruolo, anzi nello stesso individuo essi possono alternarsi; ciò che conta è l’incastro, da cui, una volta instauratosi, si fatica ad uscire.
Come si formano sadismo e masochismo
Le basi per la formazione della personalità, si sa, si pongono nei primissimi anni di vita nell’ambito delle relazioni familiari. È qui dunque che vanno rintracciate le dinamiche che possono portare allo sviluppo della personalità masochistica o, al contrario, di quella sadica, sia nel bambino che nell’adulto che sarà.
Affinché lo sviluppo del bambino non devii in nessuno di questi due modi, fondamentale è la capacità genitoriale di sopravvivere agli attacchi del figlio. Il quale, come normalmente avviene nel passaggio dai primi mesi di vita ai 2-3 anni circa, smette di essere un “soggetto di bisogno” per diventare sempre di più un “soggetto di desiderio”. Il suo comportamento cioè non è più solo determinato dai bisogni fisiologici, quali il sonno o la fame, ma sempre più guidato dalla sua volontà attiva e dalla spinta ad affermarla, anche al costo di entrare in conflitto con gli altri. La discriminante fondamentale a questo punto è rappresentata dall’atteggiamento genitoriale di fronte ai tentativi del bambino di farsi valere.
Qualche esempio
Facciamo l’esempio di un bambino di 2 o 3 anni che si oppone al fatto che la madre esca di casa per andare a lavorare. La madre però vuole andare a lavorare, sente l’esigenza di realizzarsi in un altro ambito che non sia esclusivamente la cura del figlio.
Di fronte alle rimostranze del bambino – più o meno intense: il bambino potrebbe chiederle di non uscire, potrebbe insistere, potrebbe piangere, strillare -, questa madre potrebbe rispondere in modi diversi. Potrebbe cedere per non scontentare il figlio, andando in ansia e spaventandosi per la sua rabbia, e rinunciare tristemente al proprio proposito. Potrebbe irritarsi ed andare via in maniera punitiva senza voltarsi a consolare il figlio in lacrime, risentita per il suo comportamento. Oppure potrebbe negoziare tra le due posizioni inconciliabili, rispettando il punto di vista di entrambi, rassicurando ad esempio il figlio che si rivedranno presto e non rinunciando a perseguire il proprio intento.
Un genitore che, in risposta ai “capricci” del figlio, si comporti spesso nel primo modo crescerà con tutta probabilità un figlio sadico, il quale imparerà che il modo migliore per uscire da una situazione di conflitto è vincere sull’altro e che a vincere in genere è colui che si mostra più forte. Il problema è che invece non vincerà proprio un bel niente, al contrario perderà l’opportunità di imparare il rispetto reciproco.
Un genitore che sia frequentemente portato ad agire come nel secondo caso sarà invece il genitore di un figlio masochista, il quale si convincerà del fatto che l’altro è troppo superiore a lui per riuscire a scalfirne in alcun modo la volontà mediante l’espressione della propria, alla quale rinuncerà adattandosi passivamente a quella altrui.
Solo nell’ultimo caso la madre sopravvive alla rabbia del figlio: non si lascia sopraffare né si rivale punendo, ma si fa influenzare fino ad un certo punto: si mette alla ricerca di un compromesso nel quale nessun vissuto risulti meno legittimo o venga scavalcato da quello dell’altro.
Relazioni sadomasochistiche
Le relazioni sadomasochistiche adulte sono proprio un esempio della ripetizione di queste dinamiche disfunzionali che oramai si sono cristallizzate. Generalmente coniugate in base al sesso, per cui l’uomo svolge la parte del sadico e la donna quella del masochista, esse sono organizzate in base al principio per cui uno dei due domina, dettando le regole del gioco, mentre l’altro si sottomette, struggendosi d’amore e potendo addirittura arrivare a vivere questa sofferenza come un atto d’amore dovuto.
Questa può essere un’ulteriore lente con cui guardare molti casi di dipendenza affettiva, laddove non si riesce a liberarsi da legami dolorosi eppure irrinunciabili.
È inoltre un modo con cui è possibile spiegare situazioni che degenerano, anche in senso delittuoso, di vittime e carnefici.
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