Mi è capitato proprio recentemente di chiarire alcuni concetti, che mi accingo qui a riportare, a qualcuno che, incuriosito dal mio lavoro di psicologa e psicoterapeuta, o forse personalmente interessato a valutare per sé un percorso di questo tipo, mi faceva una serie di domande sul funzionamento della psicoterapia, ad esempio rispetto ai possibili disturbi psichici lamentati da chi decide di rivolgersi ad uno psicologo. Mi sono allora resa conto che esistono molti miti ed altrettanti equivoci sul modo in cui opera (o dovrebbe operare) uno psicologo o uno psicoterapeuta e su come cura una psicoterapia.
Mi propongo quindi di riassumere con la massima trasparenza quanto detto nel corso di quella conversazione privata, con lo scopo di fornire informazioni e strumenti “pratici” a chi, allo stesso modo, ne è interessato ma ne sa molto poco e vorrebbe capirne qualcosa in più, con la speranza che possa essere utile.
Per inciso, di nuovo qui, come spesso faccio quando scrivo, per semplificare, userò in modo intercambiabile i termini ‘psicologo’ e ‘psicoterapeuta’, precisando che uno psicoterapeuta è di solito anche uno psicologo ma che uno psicologo, in assenza della qualifica di psicoterapeuta, non può condurre una psicoterapia.
Sulla sofferenza emotiva
Comincerò col dire che può chiamarsi in tanti modi: ansia, depressione, attacco di panico, ipocondria, insonnia, bassa autostima, dipendenza affettiva, disturbo del comportamento alimentare…, ma che, indipendentemente dall’etichetta diagnostica che le viene data e indipendentemente dalla forma che assume, ciò di cui stiamo parlando e di cui si occupa la psicoterapia è la sofferenza emotiva di un individuo. Delle volte non è neanche necessario che il malessere rientri in una vera e propria psicopatologia, potendo bastare un disagio più vago ma diffuso, come un senso persistente di insoddisfazione o un senso di vuoto, a configurare una condizione che richiede il ricorso ad una psicoterapia.
Non è dunque tanto importante la via che la propria sofferenza emotiva ha trovato per manifestarsi, il sintomo o l’insieme di sintomi attraverso cui si presenta. Ciò che più conta è il significato profondo che assume per ogni specifica persona. Sono le conseguenze a cui porta, il grado di compromissione della vita di ciascuno, il modo in cui tale sofferenza è vissuta, il mondo soggettivo da cui trae origine, la storia personale e irripetibile nell’ambito della quale si è sviluppata.
Rimanere vicino all’esperienza del paziente
Quando si fa una psicoterapia, è di estrema importanza che lo psicologo tenga tutto ciò bene a mente. Questo per evitare che la persona che si ha di fronte diventi un semplice “caso clinico”, l’esempio di un qualche disturbo psicologico, la dimostrazione di qualche regola tecnica che si è imparata durante gli anni della scuola di specializzazione.
È molto pericoloso quando la diagnosi diventa più rilevante della persona a cui viene fatta, o quando la conoscenza teorica del professionista prevale su quanto il paziente sta cercando di esprimere, volendolo incapsulare a tutti i costi entro qualche concetto, magari anche valido ma precostituito. Questo risponde piuttosto ad un’esigenza di sicurezza dello psicologo, soprattutto se alle prime armi – ma non solo.
In una psicoterapia ben condotta invece è vero l’opposto:
-L’esperienza del singolo individuo è ciò che bisogna tenere in massima considerazione.
-La teoria in tal senso, senz’ombra di dubbio importantissima nel qualificare uno psicoterapeuta, serve più che altro per fare ordine, per organizzare l’esperienza, e non per costringerla in certi schemi o per sostituirsi ad essa.
-Tutte le spiegazioni teoriche che si ritiene di voler dare al paziente sul suo funzionamento mentale devono inoltre essere proposte in una forma a lui comprensibile – non con paroloni che mettono in soggezione chi li riceve e che, di nuovo, sono più funzionali a chi li usa -, affinché egli possa avere un ruolo attivo nel confermare o meno la comprensione che lo psicologo ha raggiunto di lui e che gli sta esponendo.
-Non bisogna dimenticare infatti che è il paziente il maggior conoscitore di se stesso, e ciò gli va riconosciuto.
Il bravo psicoterapeuta
Quali sono allora le caratteristiche che un bravo psicoterapeuta deve avere?
Riuscire ad attuare una psicoterapia di qualità richiede da parte dello psicoterapeuta caratteristiche quali un’ampia flessibilità che gli consenta di capire che cosa va bene per un determinato paziente, sicuramente anche una certa esperienza, oltre ad un’ampia dose di onestà e di disponibilità emotiva. Certamente la preparazione teorica non è da sottovalutare, ma a patto che venga utilizzata nella forma descritta prima.
L’immagine con cui può essere rappresentato è quella di una persona che collabora nella scoperta di qualsiasi potenziale di crescita disponibile per il paziente.
Solo così, con queste premesse, si possono stabilire le condizioni per cui il proprio malessere possa essere preso sul serio, trattato con cura, comprensione, empatia, ed avviarsi efficacemente verso la sua risoluzione o il suo sollievo.
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